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Archive for gennaio 2014

testo di Chiara Belardinelli

Museo dell'Emigrazione Marchigiana di Recanati.

Museo dell’Emigrazione Marchigiana di Recanati.

Visti i tempi che corrono a qualcuno verrebbe voglia di emigrare, magari anche solo per un periodo, giusto quel che serve per poter ricominciare…

…un po’ come le rondini! Non a caso anche la recente storia novecentesca annovera tra le pagine dell’emigrazione la cosiddetta “golondrina”, termine spagnolo che in italiano indicherebbe “la rondine”: simbolo dei tanti e brevi viaggi, intrapresi per lo più da giovani adulti, che approfittavano delle inversioni stagionali per potersi comprare il campo, la casa e magari metter su famiglia.

«Emigrano i semi sulle ali dei venti, emigrano le piante da continente a continente portate dalle correnti delle acque, emigrano gli uccelli e gli animali, e, più di tutti emigra l’uomo, ora in forma collettiva, ora in forma isolata…
L’emigrazione é dunque un diritto naturale, inalienabile; é una valvola di sicurezza sociale che ristabilisce l’equilibrio tra le ricchezze e le potenze produttive di un popolo; é fonte di benessere per chi va e per chi resta, sgravando il suolo di una popolazione soverchia e avvalorando la mano d’opera di chi resta; può essere insomma un bene o un male individuale o nazionale, a seconda del modo e delle condizioni in cui si compie, ma é quasi sempre una risorsa umana, poiché apre nuove vie ai commerci, facilita la diffusione dei trovati della scienza e delle industrie, fonde e perfeziona le civiltà e allarga il concetto di patria oltre i confini materiali, facendo patria dell’uomo il mondo.»

Lunedì 09 dicembre 2013, a Recanati, presso la sede di Villa “Colloredo Mels” è stato inaugurato il Museo dell’Emigrazione Marchigiana[2] (MEMA).

Nei locali antecedenti l’ingresso al museo, le foto appese alle pareti rievocano alcuni dei luoghi più cari ai marchigiani. Nella prima sala é stato ricostruito l’interno di un ambiente domestico con utensili di metà ‘800 (deposito temporaneo dei Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi, Macerata). Poco più oltre un baule e delle valigie (dono delle famiglie Affede/Noé -Belgio-; Vagnarelli -Australia-; Cicetti -Svizzera-; Fiorelli, Schiavoni, Malaspina/Cecchini -Australia-) conservano il ricordo e le attese di chi si preparava ad emigrare.

In fondo alle scale, dopo esser saliti sulla cuccetta di “una nave” ed aver fatto amicizia con  qualche passeggero “in treno”, si sosta all’ingresso della miniera per ascoltare storie di vita di alcuni minatori marchigiani.

Continuando a “viaggiare” tra le stanze del museo si conoscono le principali destinazioni d’arrivo dei marchigiani tra ‘800 e ‘900: Europa, USA, Canada, Australia e Sudamerica, con una grande predilezione per l’ Argentina.

Quest’esposizione permanente é continuamente in divenire, grazie alla possibilità di sostituire e/o implementare la documentazione, le foto, la musica ed  i racconti contenuti nel grande tavolo “touch screen” e nella “LIM” in essa presenti.

Il rapporto di corrispondenza con le tante associazioni di marchigiani nel mondo e con i singoli emigrati reca in sé una forza inedita da veicolare e convogliare verso nuove forme di progettualità e di prossimità.

Museo dell'Emigrazione Marchigiana di Recanati.

Museo dell’Emigrazione Marchigiana di Recanati.

L’emigrazione al femminile nella mentalità collettiva dell’epoca ed il rapporto delle donne con il lavoro in fabbrica sono aspetti del quotidiano raccontati soprattutto da lettere e memorie, consegnate al museo e conservate nel centro di documentazione. Tante le testimonianze che mostrano la forza della vita e della speranza, come quella di una ragazzina dispiaciuta per la sorella maggiore, che una volta in Argentina, ebbe la sorpresa di non vedersi riconoscere il titolo di studio conseguito in Italia. Quest’ultima ragazza, provata ma non vinta dalla rassegnazione, dopo aver esposto la sua causa alla sig.ra Eva Péron, ottenne una nuova regolamentazione dell’apparato legislativo in materia che le permise di poter esercitare liberamente la propria professione.

Le applicazioni multimediali rendono ancora più agile e divertente la consultazione di documenti, foto, lettere, filmati, memorie e testimonianze.

Si segnala inoltre la possibilità di verificare le vicende migratorie di antenati e conoscenti attraverso l’utilizzo del “Cisei”[3] e del “Sirpac” Regionale, contenente le prime schede di emigrati marchigiani, curate dalla dott.ssa Franceschetti e da me. Il nostro intervento[4] iniziato con la raccolta, l’archiviazione e la selezione di materiale documentario, successivamente inserito nel tavolo touch screen[5] é proseguito con la catalogazione SIRPAC e sta volgendo al termine con la sistematizzazione e l’avvio del centro di documentazione. Con l’occasione ringrazio i signori Livio Staffolani, Emilio Zamboni ed Paolo Onofri per la partecipazione e l’interesse mostrato verso questa realtà, alla quale hanno già donato due video, realizzati per ricordare lo stretto legame tra i potentini e la terra argentina ed invito quanti sono interessati a visitare il museo tutti i giorni tranne il lunedì, dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:00.


[1] Seconda conferenza sull’emigrazione tenuta da Scalabrini a Torino nel 1898.

[2] Promosso e realizzato dalla collaborazione tra la Regione Marche, il Sistema museale della Provincia di Macerata, il Comune di Recanati, l’associazione Spazio Cultura, la ditta ETT di Genova e le Associazioni e Federazioni di marchigiani nel mondo.

[3] Programma del Centro Studi sull’Emigrazione di Genova.

[4] Reso possibile nell’ambito del progetto L.R. 04/10 – APQ “Giovani ri-cercatori di senso” secondo le Determinazioni Dirigenziali n. 88/Settore V del 04.06.2012 e n. 125 V Settore del 23/07/2012.

[5] Dalla ditta ETT di Genova.


Un Nido Para “Las Golondrinas”

Visto los tiempos que corren a algunos le vienen deseos de emigrar, aunque sea solo por un período, aquel que sirve para poder recomenzar…

….un poco como las golondrinas! No como una de las tantas historias del novecientos que hablan de las emigraciones al estilo golondrina, símbolo de tantos y breves viajes emprendidos en general por jóvenes adultos que aprovechaban su madurez para poder comprar el campo, la casa y así poder  meter a su familia.

“Emigran  las semillas sobre las alas del viento, emigran las  plantas de continente a continente llevadas por las corrientes de las  aguas, emigran los pájaros y los animales y, sobretodo emigra el hombre, a veces en forma colectiva y otras veces solo.

La emigración es por consiguiente un derecho natural, inalienable; es una válvula de seguridad social que restablece el equilibrio entre la riqueza y la potencia productiva de un pueblo; es fuente de bienestar para el que se va y para el que se queda, aliviando el costo de una población numerosa y revaluando la mano de obra; puede ser en suma un bién o un mal individual o nacional, según el modo y la condición que se cumple, pero es casi siempre un recurso humano, porque abre nuevas vias de comercio, facilita la difusión del encuentro de la ciencia y de la industria, une y perfecciona la civilidad y alarga el concepto de patria más allá de los límites materiales” [1].

Lunes 9 de diciembre 2013, en Recanati, en la sede de Villa “Colloredo Mels”, se inauguró el Museo de la Emigración Marchegiana [2] (MEMA)

En el local anterior al ingreso hay fotos colgadas en la pared que evocan algunos de los lugares muy queridos por el marchigiano. Después, en el primer salón fue reconstruido el interno de un ambiente doméstico con utensilios de mitad del año 1800 (depósito provisorio del Museo Cívico del Palacio Buonaccorsi, Macerata). Un poco más allá un baul y varias valijas ( donados por las familias Affede/Noé de Bélgica; Vagnarelli de Australia; Cicetti de Suiza; Fiorelli, Schiavoni, Malaspina/Cechini de Australia) que conservan el recuerdo y la expectativa de quien se preparaba para emigrar.

Al fondo de la escalera, después de salir de la lítera de “una nave” y haber hecho amistad con cualquier pasajero “en el tren”, se detiene en la puerta de una mina para escuchar historias de vida de algún minero marchigiano.

Continuando a “viajar” por los salones del museo se pueden conocer las principales destinaciones de los marchigianos emigrados entre el 1800 y el 190 Europa, USA, Canadá, Australia y Sudamérica, con una gran predilección por la Argentina.

Esta exposición permanente y continuamente en cambio, se desarrolla gracias a la posibilidad de sustituir y/o implementar la documentación, las fotos, la música y la información contenida en las mesas, por vias de computadoras y radio-comunicación.

La relación con las numerosas asociaciones de marchegianos en el mundo y emigrados en particular, por medio de correspondencia, aporta nuevas formas de comunicación y nos acerca para proyectar juntos.

La emigracion femenina en la mentalidad de la época y, la relación de las mujeres con el trabajo en las fábricas, fueron aspectos del diario vivir y de argumentos hablados y escritos consignados al museo y conservados en el centro de comunicaciones. Muchos testimonios mostraron la fuerza de la vida  y de la esperanza, como aquel de una muchachita avergonzada por su hermana mayor, porque no le reconocieron el título de estudio conseguido en Italia; desaprobada pero no vencida por la resignación, expuso su causa a la señora Eva Perón y por este medio, obtuvo una nueva reglamentación del Poder Legislativo que le permitió  ejercer libremente su profesión.

La aplicación de los distintos medios modernos rinden más ágiles y recreativos para consultar documentos, fotos, textos, filmaciones, notas, apuntes y testimonios.

Se señala además la posibilidad de verificar las vicisitudes migratorias de nuestros antepasados y conocidos a traves del “Cisei”[3] y del “Sirpac” Regionale, que contiene la primera cédula de emigrados marchigianos, al cuidado de la doctora Franceschetti y mio. La nuestra intervención[4] iniciada con la colección, el archivo y la selección de materiales documentales insertados en la mesa touch screen[5] y continuado en el catálogo SIRPAC , está llegando a su fin con la sistematización y el principio del centro de documentación. En esta ocasión agradezco a los señores Livio Staffolani, Emilio Zamboni y Paolo Onofri por la participación y el interés mostrado por ellos, más la donación de dos videos, realizados para recordar los vínculos entre los potentinos y la tierra argentina, e invito a quien le pueda interesar, a visitar el museo todos los días menos los lunes, de las 10 a las 13 horas y de las 16 a las 19 horas.

(Traduzione di Emilio Zamboni)


[1] Segunda conferencia sobre la emigración realizada por Scalabrini en Torino en el 1898

[2] Promovido y realizado con la colaboraciónes de: Región Marche, Sistema Museale de la Provincia de Macerata,  Comuna de Recanati, la asociación Spazio Cultura, la sociedad ETT de Génova y la Asociación y Federación de marchigianos en el mundo.

[3] Programa del Centro de Estudios sobre las emigraciones de Genova.

[4] Hecho posible en el ámbito del proyecto L.R. O4/10

[5] De la Sociedad ETT de Génova.

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Ex Ospedale Civico

Ex Ospedale Civico

In questi ultimi tempi si parla molto del Palazzo Bonaccorsi di Corso Vittorio Emanuele II, l’ex Ospedale Civico poi Poliambulatorio, donato nel 1737 alla nostra comunità da parte del conte Mons. Alessandro Bonaccorsi, a proposito del reperimento delle risorse economiche per la costruzione della nuova Scuola Media del Capoluogo.

Pochi sanno che dal 4 Ottobre del 2013, decreto n°233, la Soprintendenza ai Monumenti di Ancona ha dichiarato il Palazzo in oggetto, per il suo valore storico e architettonico, di notevole interesse e pertanto con tutte le opportunità e limitazioni del caso, nell’eventualità di una sua vendita ed utilizzo a fini abitativi. Il Consiglio Comunale di Potenza Picena nella seduta del 29/6/2011, delibera n°20, all’unanimità dei presenti aveva deliberato la vendita dell’immobile per un valore a base di Euro 626.000 e successivamente nella riunione del 27/4/2012, delibera n°14, aveva provveduto a trasformarlo in struttura ai fini abitativi, apportando una variante al Piano Particolareggiato del nostro Centro Storico, anche quest’ultima delibera del Consiglio è stata presa all’unanimità dei consiglieri comunali presenti. La struttura fino ad oggi ha ospitato il Centro Anziani “Armando Fioranelli” nel primo piano, la sede degli scout al piano terra e altre associazioni sportive e non al secondo piano.

Stemma della Famiglia Bonaccorsi e lapide che ricorda Alessandro Bonaccorsi

Stemma della Famiglia Bonaccorsi e lapide che ricorda Alessandro Bonaccorsi

Negli ultimi tempi, grazie allo stato di abbandono e di mancanza di manutenzione da parte del nostro Comune, la volta in camorcanna dei locali posti al secondo piano sono crollati. Tutte le associazioni sportive e non che erano ospitate in questo piano sono già state mandate via, gli anziani ancora rimangono, ma fino a quando? Solo gli scout possono considerarsi ancora al sicuro in quanto si trovano al piano terra. Soltanto degli sprovveduti potevano pensare che questo antico Palazzo, che risale alla fine del sec. XVII, poteva essere venduto senza tenere conto del suo interesse storico ed architettonico. In questa circostanza bisogna evidenziare la professionalità dell’economo comunale dott.ssa Simona Ciasca, che ha correttamente richiesto anche in questo caso, come è stato fatto nel passato con altri fabbricati posti in vendita, alla Soprintendenza ai Monumenti di Ancona il parere se la struttura poteva avere o meno un interesse storico-architettonico, come prevede la legge in materia, predisponendo la relativa documentazione. Si capisce che ci sia bisogno di soldi per poter costruire un’opera molto importante come la nuova Scuola Media del Capoluogo, ma decidere di vendere per pochi soldi, quindi svendere, una struttura così antica ed importante per la nostra comunità è veramente troppo. Il Capoluogo in questo modo rimarrà senza alcuna struttura sociale per gli anziani, per gli scout, per tutte le associazioni culturali, sportive e ricreative. Perché si vende l’ex Ospedale e non altre strutture come ad esempio il fabbricato dell’ex Cinema di Via Gasparrini (valutato euro 967.500), o l’ex Scuola Elementare di S.Girio o altre strutture che si trovano al Porto, come il Cinema Florida? E’ possibile che questa svendita di un Palazzo storico della nostra Monte Santo possa passare inosservata tra i cittadini di Potenza Picena? Nel 2009 i residenti di S. Girio hanno fatto ritirare la vendita dell’ex scuola elementare già avviata solo perché hanno raccolto oltre 250 firme. Monte Santo non è in grado di raccogliere almeno 1.000 firme in pochi giorni per evitare questo ulteriore scempio?

Lapide commemorativa dedicata ad Albina Gezzi Ved. Pierandrei. (1869)

Lapide commemorativa dedicata ad Albina Gezzi Ved. Pierandrei. (1869)

Cittadini di Monte Santo svegliatevi, altrimenti ci troveremo nel Capoluogo senza strutture per la socializzazione e forse saremmo costretti ad andare a S.Girio, Monte Canepino, o Porto Potenza Picena per poterne avere.

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1952-come-eravamo

Locandina della mostra.

La Fototeca Comunale “Bruno Grandinetti” di Potenza Picena, proseguendo nell’opera di recupero, restauro e valorizzazione del grande patrimonio di negativi del fondo di Bruno Grandinetti, ha organizzato dal 1/7/2013 al 7/7/2013 presso i locali del Centro Culturale “Umberto Boccabianca” di Via Trento una mostra fotografica dal titolo “Come eravamo 1952”, esponendo 49 foto ricavate dai negativi restaurati da Enzo Romagnoli. Sono foto straordinarie che documentano la realtà di Potenza Picena che si stava risollevando dalle macerie del dopo guerra e gettava le basi del grande sviluppo economico degli anni successivi, che porterà la nostra realtà ad essere uno dei centri più importanti della Provincia a livello industriale. Sono istantanee che ritraggono uomini, donne, bambini e bambine, gruppi che pur nelle difficoltà economiche del periodo, si divertono al mare, oppure sono impegnate nelle quotidiane attività del paese. Tra queste foto abbiamo anche la possibilità di trovare alcune che ritraggono Bruno Grandinetti, insieme ai suoi cari amici e coetanei, come Mario Grandinetti, Mario Zucchini, Gerardo Magi, Alfredo Belluccini, Gino Cameranesi.
Non mancano muratori, manovali e loro famiglie che dopo il 1956 emigreranno in Francia, a Parigi e in particolare nei centri di Pontoise e Argenteuil e dove vi rimarranno per molti anni, come Giovanni Patacconi, la famiglia Giri, i fratelli Cennerelli Giuseppe, Luigi e Fabiana, Mario Foglia e Mario Borroni.

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Bruno Grandinetti insieme agli amici.

I fratelli Belluccini, i “sifonà”, Luigi e Alfredo, emigreranno invece in Australia. Queste foto sono anche l’occasione per vedere come vestivano gli abitanti di Potenza Picena, sempre molto eleganti grazie ai bravi sarti e alle sarte presenti nella nostra realtà, sia gli adulti che i ragazzi, quali erano i custumi da bagno dell’epoca. Si nota in mano ad un bambino, Giuseppe Boccanera, una piccola fisarmonica giocattolo fabbricata dalla ditta di Egisto Bontempi del luogo, che all’epoca si chiamava proprio la “Fisarmonica”, azienda che negli anni successivi con il figlio ing. Paolo Bontempi, avrà un grande sviluppo ed occuperà diverse centinaia di persone di Potenza Picena e non solo.

In un’altra foto notiamo un giovane Alberto Rosciani, insieme al padre Emanuele e alla sorella Germana al mare. Alberto Rosciani nel 1962 fonderà insieme alla moglie Giuseppina Fioranelli e al sarto Gino Cameranesi una grande industria di abbigliamento femminile, la Rogin. Non può passare inosservata una foto molto cara ai più piccoli, bambini e bambine, quella Felice, venditore ambulante di giocattoli, lupini, e castagne. Felice Rao, il cui vero nome era Giuseppe Genovese, siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) nato nel 1905, era venuto a Potenza Picena dopo essere fuggito dal carcere di Ancona in seguito ad un bombardamento aereo alleato. Si trovava in carcere perché accusato di un omicidio commesso in Sicilia, ma lui si è sempre professato innocente. Dopo la guerra era stato raggiunto a Potenza Picena dalla moglie Francesca Fugazzotto e dal figlio Gaetano, quest’ultimo morto nella nostra città il 30/7/1978. Felice (Giuseppe), insieme alla moglie Francesca, ha lasciato Potenza Picena nel 1983 per fare ritorno in Sicilia. Per concludere, la mostra delle foto di Bruno Grandinetti relative all’anno 1952, pur nella limitatezza dei documenti, ci consente di poter avere uno spaccato sociale della nostra realtà veramente molto interessante.

Felice

Felice

Nel contesto di questa mostra non poteva di certo mancare una foto che ritrae i giovani componenti della Banda cittadina dell’epoca, vera istituzione santese di cui andare sempre molto orgogliosi, diretta già in quel periodo dal valente maestro Edgardo Latini. Grazie all’attività che svolgono i soci del Fotoclub di Potenza Picena, ed in particolare allo spirito di iniziativa e di sacrificio di Enzo Romagnoli che ha lavorato sodo per scegliere e restaurare sapientemente i 49 negativi esposti durante la mostra, Potenza Picena ha avuto la possibilità di ammirare questi capolavori di Bruno Grandinetti e la partecipazione di oltre 400 persone ne è stata la testimonianza del successo dell’iniziativa, che si spera debba continuare in futuro con altri importanti recuperi.

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Statua lignea di S. Nicola di Tolentino

Statua lignea di S. Nicola di Tolentino

La Chiesa di S. Agostino di Potenza Picena, oggi trasformata in Auditorium intitolato al premio Oscar Ferdinando Scarfiotti, dove quasi tutte le tele sono state ricollocate al loro originario posto, ricreando in questo modo il contesto artistico del luogo (a parte l’altare maggiore parzialmente distrutto e rimosso), è purtroppo ancora oggi mancante di una statua lignea dedicata a S. Nicola di Tolentino del sec. XVIII.
Questa statua lignea era collocata nella nicchia posta al centro delle Chiesa, sul lato destro quando si entra, oggi purtroppo sconsolatamente vuota. Quando la Chiesa di S. Agostino è stata liberata da tutto il materiale che vi era contenuto per consentire il suo recupero, la statua di S. Nicola di Tolentino, pur ridotta in pessime condizioni ma quasi integra nella struttura lignea,è stata portata insieme ad altro materiale, tra cui bisogna ricordare un’antica lettiga in legno del secolo XIX per il trasporto dei malati in uso al locale Ospedale Civico di Corso Vittorio Emanuele II, nel deposito del Monastero di S. Tommaso delle Clarisse di Via Marefoschi, sempre come soluzione provvisoria. Come succede con tutte le cose provvisorie che riguardano il nostro Comune, il deposito si è prolungato nel tempo diventando permanente e continuando anche quando le ultime suore hanno lasciato il Monastero nel mese di Agosto 2008 per andare definitivamente a Pollenza. Il Monastero delle nostre Clarisse è stato sigillato e probabilmente verrà anche venduto, ma nessuno del Comune di Potenza Picena, funzionario incaricato o amministratore, che si preoccupi di riprendere tutto il materiale di proprietà comunale depositato.

Un dubbio sorge spontaneo in questo contesto: i beni comunali, storici e non, depositati nel Monastero di San Tommaso sono stati comunque inventariati a suo tempo dalla ditta Gies incaricata di eseguire tutte le operazioni relative al patrimonio comunale? Ritornando alla statua di S. Nicola di Tolentino, dai documenti dell’Archivio Storico Comunale, risulta che era stata donata agli Agostiniani di Monte Santo nel 1729 dal nobile santese Cav. Tommaso della Torre, molto devoto al Santo di Tolentino, che l’aveva acquistata in Ancona. Il Cavaliere Tommaso della Torre inoltre si era anche impegnato, per se e per i suoi successori, a solennizzare ogni anno, il giorno della Festa di S. Nicola di Tolentino, il 10 settembre, con un Panegirico, processione e con altre ecclesiastiche funzioni nella Chiesa di S. Agostino di Monte Santo. Come pure si era impegnato di “far ardere in ogni venerdì e feste dello anno, una lampada innanzi all’altare di S. Nicola di Tolentino e costruire un’apposita nicchia per collocarvi la statua che il Cavaliere acquistò in Ancona a sue proprie spese”.

Chiesa di Sant'Agostino

Chiesa di Sant’Agostino

Nonostante le ripetute segnalazioni fatte sia all’Ufficio economato che agli amministratori oltre che alla Soprintendenza di Urbino, nella persona del dott. Gabriele Barucca, la statua continua a rimanere all’interno dei depositi dell’ex Monastero di S. Tommaso delle Clarisse di Potenza Picena, mentre la nicchia che anticamente ospitava la statua di S. Nicola di Tolentino rimane ancora oggi vuota. Riusciranno i nostri amministratori, insieme ai funzionari incaricati, a prelevare finalmente la statua lignea di S. Nicola di Tolentino, magari riuscendo anche a farla restaurare e ricollocandola all’interno della nicchia della nostra Chiesa di S. Agostino, oggi Auditorium “Ferdinando Scarfiotti”?

AGGIORNAMENTO DEL 26 Marzo 2014

Il giorno lunedì 24 Marzo 2014 gli operai comunali hanno finalmente trasferito la statua di San Nicola di Tolentino dal deposito delle Clarisse all’Auditorium Ferdinando Scarfiotti nella Chiesa di Sant’Agostino. Cogliamo l’occasione per ringraziare l’Economo Comunale, Dott.ssa Simona Ciasca, che si è adoperata per rendere possibile questa operazione di trasferimento. Ci auguriamo che l’Amministrazione Comunale si impegni a questo punto per procedere al restauro della statua, ricollocandola poi all’interno della sua nicchia nella Chiesa di Sant’Agostino.

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Suor Angela Benedetta Bongiovanni

Suor Angela Benedetta Bongiovanni

Il Monastero delle Clarisse di Potenza Picena, fondato nel 1227 ed oggi purtroppo chiuso, ha ospitato in tutti questi secoli tante suore, tra cui bisogna comunque ricordare suor Angela Benedetta Bongiovanni, dichiarata serva di Dio con processo canonico autorizzato il 15 Marzo 1715 e celebrato a Fermo dal Tribunale Ecclesiastico costituito dall’Arcivescovo locale Girolamo Mattei, dal canonico Francolini, dal padre Gesuita Francesco M. Bracci e dall’abate Pietro Antonio Marefoschi, quest’ultimo di una nobile famiglia di Monte Santo. Dal processo canonico risultano innumerevoli le guarigioni, alcune straordinarie, ottenute ricorrendo alla sua intercessione o applicando sue reliquie sugli ammalati.

Angela Bongiovanni era nata il giorno 23 Gennaio del 1640 nell’antico castello di Servigliano, di cui ora rimangono solo i ruderi, nello stato di Fermo, posto sotto il Governo Pontificio da Carlo Bongiovanni, Capitano e Patrizio Fermano e da Maria Jaffei di Servigliano. Angela era la secondogenita, aveva altre due sorelle e un fratello che morì bambino. La sua famiglia era di veri sentimenti cristiani e così Angela fu educata dai suoi genitori con severità e rigidezza nell’osservanza più schietta della fede cristiana e seguita dallo zio materno don Andrea Jaffei nello sviluppo di tutte le virtù. Già nell’infanzia rivelò doti eccezionali di nobiltà di cuore, di disinteresse e di distacco dalle cose umane, di grandissima attrazione alla preghiera, di devozione appassionata alla Madonna e all’Angelo Custode. Ricercava in sommo grado la solitudine e la contemplazione per meglio pregare la Madre Celeste e il suo Bambino Gesù, di cui aveva in casa un’immagine dipinta sulla parete. Il 3 novembre 1656, a soli 16 anni, la fanciulla lasciò definitivamente Servigliano portando con se soltanto il libro della Passione di Gesù Cristo per recarsi al Monastero di S. Tommaso di Monte Santo, oggi Potenza Picena, dove già si trovava sua sorella Anna Caterina, diventata monaca due anni prima. Il giorno 4 novembre 1656, festa di S.Carlo Borromeo, entrò nel Monastero di S. Tommaso e fu accettata come novizia con il nome di suor Angela Benedetta. Dopo 57 anni di presenza ininterrotta all’interno del Monastero di Monte Santo, suor Angela Benedetta Bongiovanni morì il giorno 24 Novembre del 1713 e fu sepolta all’interno dello stesso Monastero e come segno di riconoscimento le consorelle fecero incidere delle croci su due pianelle poste sopra la tomba, che fu ritrovata, durante i lavori di ristrutturazione del Monastero, il giorno 7 Giugno 1946, presente la badessa suor Maria Agnese Palma.

Altarino con l'urna contenente le reliquie della serva di Dio Suor Angela

Altarino con l’urna contenente le reliquie della serva di Dio Suor Angela

Le sue ossa allora furono raccolte in una cassettina posta ben in evidenza nella stanza del Monastero adibita a cimitero comune. Anche se oggi il Monastero di S.Tommaso delle Clarisse di Potenza Picena è chiuso, Potenza Picena deve ricordare adeguatamente la serva di Dio suor Angela Benedetta Bongiovanni, che è vissuta in santità ed è morta a Monte Santo.

Notizie tratte dai libri: Vita della serva di Dio Angela Benedetta Bongiovanni clarissa 1640-1713 di Giorgio Quondamatteo – Tipografia La Rapida-  Fermo – Marzo 1982. Le Clarisse di Potenza Picena di Anna Rosa Monelli, Nanni Monelli e padre Giuseppe Santarelli, stampato nel mese di Giugno del 1993 presso la Aniballi Grafiche srl di Ancona.

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