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Archive for marzo 2018

1°_DSC3188Il Monastero delle Clarisse di Potenza Picena è stato chiuso nel 2008 e le ultime monache si sono trasferite nel Monastero di Pollenza. Tra i tanti beni del Monastero che sono stati ceduti al comune di Potenza Picena, troviamo anche un antico orologio da parete, non funzionante, con il quadrante in legno, decorato finemente.
Sul retro del quadrante si può leggere la firma del costruttore francese, Pietro Gautier, ed il n° 72. Secondo la tradizione orale delle nostre monache, che ci è stata riferita dal sig. Franco Clementoni, che per i lavori edili frequentava spesso il nostro Monastero, questo orologio dovrebbe risalire al settecento.
Per una conferma di questa ipotesi, abbiamo chiamato il sig. Sauro Corinaldi di Cingoli, esperto in materia di antichi orologi da torre, che tra l’altro ha restaurato nel 2004 l’orologio Isidoro Sommaruga del 1887 che oggi si trova nel foyer del Teatro “Bruno Mugellini”.
Il giorno Mercoledì 7 Marzo 2018, è venuto a Potenza Picena sia per visionare l’impianto Sommaruga del 1887, che l’orologio da parete di Pietro Gautier presso la nostra Pinacoteca Comunale “Benedetto Biancolini” in Via Trento.
Dopo aver visionato questo antico orologio da parete delle Clarisse, il sig. Sauro Corinaldi ha potuto confermare l’antichità dello strumento, sicuramente settecentesco, se non più antico. Ha per l’occasione fatto delle foto sia al quadrante che all’impianto, che purtroppo non è completo, anche se per i pezzi mancanti è possibile la loro ricostruzione per poterlo rendere ancora funzionante.
Si è impegnato a far visionare tutte le foto dell’orologio a dei suoi amici, esperti in questa tipologia di orologi. Ha fatto inoltre presente di aver visto a Firenze, presso il Museo Leonardo, alcuni orologi similari al nastro.

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Orologio Pietro Gautier da parete. Bene donato dalle Clarisse di Potenza Picena. Foto di Sergio Ceccotti.

Comunque ci ha confermato che anche in questo caso l’orologio in questione è un pezzo rarissimo, quindi molto importante da valorizzare adeguatamente all’interno della nostra Pinacoteca Comunale.
Ringraziamo il Sig. Sauro Corinaldi per la sua visita e la sua gratuita consulenza storica.

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L’Assunta di Pietro di Orazio di Porta Marina. Foto di Sergio Ceccotti.

Chiunque entra nel centro storico di Potenza Picena, non può fare a meno di notare sulla parete alla destra, nel Palazzo De Angelis, una bellissima immagine dell’Assunta su maiolica. Sotto a questa immagine c’è la scritta “I potentini a protezione della loro città nel I° anniversario della definizione del dogma. 1 Novembre 1951”.
L’autore di questa raffigurazione dell’Assunta non è il prof. Giuseppe Asciutti, come si afferma nel libro curato da Renza Baiocco “Il fascino della storia ed il respiro del mare. Potenza Picena” del 2009, ma bensì il decoratore di Civitella del Tronto in Abruzzo, Pietro Di Orazio, che nel 1951 lavorava presso la Ceramica Adriatica di Porto Potenza Picena.
Nel punto dove si trova questa immagine dell’Assunta fino al 1950 c’era la medioevale Porta Girola o Marina con merli a coda di rondine, cioè ghibellini. Questa porta di accesso al nostro centro storico è stata abbattuta con decisione del consiglio comunale del 8/12/1950 a votazione unanime, Sindaco Antonio Carestia, con la seguente motivazione: “premesso che da più tempo, in vista dell’aumentato traffico di automobili nella zona di Potenza Picena, si era imposta la necessità di doversi ampliare la porta principale di ingresso all’abitato (porta denominata Girola), e ciò allo scopo di prevenire soprattutto seri pericoli per le persone transitanti per l’angusto spazio della porta stessa”. In pratica è stata ampliata la porta, abbattendola!
Fino ad oggi nessuno era riuscito a capire a quale dogma si riferisse la scritta posta sotto all’immagine dell’Assunta. Il giorno Venerdì 5 Gennaio 2018 finalmente il prof. Gianfranco Morgoni, nostro collaboratore, è riuscito a trovare la soluzione. Il giorno 1 novembre del 1950 il Papa Pio XII proclamò il dogma dell’Assunzione di Maria e pertanto è questo l’anniversario citato sotto all’immagine della nostra Assunta. In passato molti avevano invece pensato al dogma dell’immacolata Concezione proclamato questo dal Pontefice marchigiano Pio IX il giorno 8/12/1854.
Sopra l’immagine dell’Assunta si trova un’antica epigrafe marmorea di cui ci siamo occupati in passato. Risale all’anno 1567 quando sotto Pio V il patrizio alessandrino Cesare Guasco, commissario preposto alle fortezze pontificie aveva dotato la città di una grande cinta muraria, e la liberò dal pericolo dei turchi.
Questa epigrafe marmorea molto importante per la nostra storia nel 2014 è stata restaurata da Paola Carestia di Potenza Picena e riportata all’antico splendore, mettendo anche sotto una targa metallica con il testo sia in latino che in italiano.
Un particolare che non può sfuggire a chi si occupa da tempo della storia di Monte Santo è la citazione “città” quando si parla della protezione dell’Assunta. Questo titolo che abbiamo acquisito ufficialmente solo nel 2015, il giorno 29 Ottobre con Decreto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, secondo il nostro parere risale addirittura al giorno 27 Settembre del 1128, cioè a 890 anni fa, quando il Vescovo di Fermo Liberto proclamò Monte Santo “civitas”, cioè città.
Il giorno 27 Settembre di ogni anno dovrebbe essere degnamente ricordato e festeggiato dalla locale comunità come giorno di fondazione della nostra città.

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a cura di Simona Ciasca e Paolo Onofri

Conte Commendator Carlo Buonaccorsi. Foto  Sergio Ceccotti.

Conte Commendator Carlo Buonaccorsi. Foto Sergio Ceccotti.

Il giorno 25 Marzo del 1918, cioè cento anni fa, moriva a Potenza Picena il conte Carlo Buonaccorsi. La sua morte improvvisa nel bosco della sua villa di Montecanepino, dove si era recato per una passeggiata, rimane ancora oggi molto misteriosa, anche se all’epoca si disse che era morto per un malore.
Nato a Potenza Picena il giorno 16 ottobre del 1877 dal conte Flavio e dalla Principessa di Roma Angela Chigi, fratello di Mario, Leopoldo, Gina, Alessandro, Giulio, Maria, Giulia ed Elena, il giorno 30/10/1916 sposa la Sig.ra Giuseppina Matteucci, figlia del fattore dei Buonaccorsi e non avranno figli. La moglie è morta il giorno 7/6/1970.
Compiuto il servizio militare, si è dedicato alla sua azienda agricola, occupandosi non solo dei campi, ma anche delle condizioni dei suoi contadini, migliorando notevolmente i patti colonici, con la riduzione dei pesi inerenti e la soppressione di antiche e vessatorie forme di tributi. Il padre, il conte Flavio Buonaccorsi era morto il giorno 20/8/1908, mentre la madre, la Principessa Angela Chigi il 12/1/1901.
I suoi funerali, imponenti, si sono tenuti in forma civile e si sono svolti il giorno 28 Marzo 1918, ed il suo corpo tumulato nella Cappella di famiglia nel nostro Cimitero. I discorsi commemorativi durante il funerale sono stati tenuti dall’avv. Trombettoni per la Cassa di Risparmio di Macerata, dall’ing. Volpino Volpini per l’Amministrazione Provinciale, e per quella comunale di Potenza Picena, dal Segretario comunale di Potenza Picena, dott. Tommasini Corrado e dal Direttore Didattico delle scuole Alessandro Palombari. Il ringraziamento della famiglia Buonaccorsi è stato pronunciato dal conte Corrado.
Ha parlato molto ampiamente di questo funerale il giornale “L’Unione” del giorno 4/4/1918. Il consiglio comunale di Potenza Picena ha ricordato il suo Sindaco nella seduta del giorno 28 Aprile 1918, dove ha parlato l’ing. Volpino Volpini e subito dopo si è tenuta presso il Teatro Condominale una pubblica commemorazione.
3°_DSC3185La figura del Conte Carlo Buonaccorsi è stata ricordata dal Dott. Giuseppe Gazzoni, ex-Segretario Comunale di Potenza Picena ed amico del Sindaco; questo intervento è stato anche stampato e distribuito ai partecipanti la commemorazione.
Carlo Buonaccorsi è stato consigliere ed assessore del comune di Potenza Picena dal 1901, poi dal 1907 Sindaco della nostra città, fino alla sua morte nel 1918. Nei 17 anni di Amministratore ed anche Sindaco viene ricordato in particolare per la sua battaglia per l’apertura di una sezione di Pretura nella nostra città, per la pubblica illuminazione elettrica, per l’acquedotto e la rete fognaria.
E’ stato consigliere provinciale di Macerata dal 1910 fino alla sua morte, Presidente della Cassa di Risparmio di Macerata dal 1912 e Presidente della Banca Popolare di Credito di Potenza Picena dal 1910 fino al 1913. E’ stato Console del Touring Club Italiano e nel 1913 gli è stata conferita la commenda dell’ordine della Corona d’Italia. Potenza Picena gli ha intitolato una via a Porto Potenza Picena, quella che costeggia la stazione ferroviaria vicino alla Torre.
4°_DSC3187La sua famiglia era una delle più antiche ed importanti di Monte Santo, insieme a quella dei Marefoschi. Tra i Bonaccorsi famosi a Potenza Picena vogliamo solo ricordare Mons. Alessandro Bonaccorsi, morto il giorno 6 Agosto del 1737 e che ha contribuito ad istituire nella nostra città l’Ospedale Civico in Corso Vittorio Emanuele II.
Lo scrittore Norberto Mancini nel 1950 ha inserito il conte Carlo Buonaccorsi tra i potentini illustri.
La morte di Carlo Buonaccorsi in questi anni è rimasta sempre un mistero, ma il ricordo di questo gentiluomo di provincia deve essere mantenuto vivo in quanto ha fatto molto per la nostra città come Sindaco ed amministratore pubblico.

Notizie tratte da:

  • In memoria del conte Comm. Carlo Buonaccorsi, a cura del Segretario comunale di Potenza Picena dott. Giuseppe Gazzoni 25/4/1918
  • “Potentini Illustri” di Norberto Mancini, Recanati 1950.
  • Filo Diretto n° 5 del gennaio 1999, “Carlo Buonaccorsi, un gentiluomo di provincia”, articolo a cura di Antonella Melatini.
  • I Bonaccorsi. Storia di un casato, Civitanova 1998, di Antonella Melatini
  • Archivio Storico Comunale di Potenza Picena.

pdficon_large carlo_buonaccorsi.pdf – testo del discorso del Segretario Comunale Giuseppe Gazzoni. Archivio Storico Comunale.

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a cura di don Andrea Bezzini

Don Vicenzo Galiè mentre celebra la S. Messa.Mi è stato chiesto di fare un ritratto del percorso e della personalità di don Vincenzo: lo faccio per come l’ho potuto personalmente conoscere dal 2001 ad oggi e per quanto mi è stato dato di sapere del periodo precedente.
Don Vincenzo è nato a Montefiore dell’Aso, allora provincia di Ascoli e diocesi di Fermo, il 20 agosto del 1940 secondogenito di Pierino e Angela Fraticelli. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 19 marzo del 1965 nella solennità di San Giuseppe, come spesso allora si usava. Dopo un breve periodo come vicario cooperatore contemporaneamente nelle parrocchie di Santa Maria Apparente a Civitanova e della Santissima Annunziata a Montecosaro Scalo, il 24 settembre del 1967 è stato nominato secondo e ultimo parroco della piccola comunità di Montecanepino, creata parrocchia solo 11 anni prima e poi accorpata a quella di Potenza Picena nel 1986. Dopo quell’anno ha continuato a risiedere a Montecanepino ed ha svolto contemporaneamente l’incarico di Cappellano dell’Istituto Santo Stefano nel quale poi, per i capovolgimenti che a volte la vita ci riserva, si è ritrovato degente in questo ultimo anno. Nel 1999, assieme all’anziana mamma, la partenza per Campofilone, parrocchia in cui è rimasto fino al dicembre del 2016 quando la malattia lo ha costretto ad interrompere il suo ministero anche se in realtà, come prevedono le norme, aveva già presentato le dimissioni fin dall’anno precedente, al compimento dei 75 anni. In entrambe le comunità don Vincenzo si è fatto apprezzare e non è retorica dirlo: il carattere buono, il senso genuino dell’amicizia, la capacità di essere davvero di compagnia e le risate abbondanti rendevano particolarmente piacevole lo stare con lui e, soprattutto, per entrambe le comunità si è speso.

Don Vicenzo Galiè e don Andrea Bezzini.A Montecanepino, dove non c’era altro che una contrada di campagna con una chiesetta, ha costruito la chiesa nuova, fondato il circolo Acli, dato inizio alla fortunata festa paesana del lunedì di Pasqua; a Campofilone ha ristrutturato la casa parrocchiale e la chiesa ridotte davvero in condizioni pietose prima del suo arrivo e, soprattutto, la ricca storia dell’abbazia poi diventata parrocchia gli ha permesso di sfoderare tutta la sua cultura storica creando il museo liturgico-archeologico e, per un periodo, anche quello malacologico con una ricca collezione di conchiglie e fossili marini. Però, senza nulla togliere alla secondogenita, per don Vincenzo, Montecanepino è stato il primo e direi anche il più intenso amore, la comunità nella quale e con la quale ha tessuto i legami più forti e che di fatto, non ha mai abbandonato: fino al 2016 è stato lui la spalla forte, l’animatore e soprattutto l’elemento caratterizzante della festa di San Vincenzo.
Io l’ho conosciuto non appena sono arrivato a Porto Potenza come collaboratore perché lui, quasi tutte le domeniche pomeriggio, tornava a Montecanepino a trovare il fratello e la famiglia, a giocare a carte al circolo e poi alla sera scendeva qui a Porto Potenza e tra sacerdoti si sgranocchiava qualcosa. Tempi belli che ricordo con una certa nostalgia e anche con commozione; di quei 6 preti che si ritrovavano abitualmente siamo rimasti in 2, io e don Cesare che è poi della stessa classe di don Vincenzo. Ma fino al 2006 c’erano anche don Carlo Leoni, don Luigi Bella e don Giovanni Ginevri. Peraltro don Vincenzo e don Carlo che battibeccavano spesso per questioni relative alla parrocchia di Potenza Picena – in cui entrambi erano stati se pure con ruoli diversi – adesso condividono l’anniversario di morte, il 16 febbraio, a 7 anni di distanza l’uno dall’altro.
Ma la comunità di Montecanepino, proprio perché piccola, ha permesso a don Vincenzo di vivere significative esperienze parallele quali il decennio di rettorato del collegio Fontevecchia di Fermo, il periodo trascorso in Zambia e Iran come cappellano di cantiere e soprattutto gli ha lasciato il tempo per potersi iscrivere all’Università di Macerata e laurearsi in lettere classiche con indirizzo archeologico nel 1974. La sua tesi di laurea è rimasta sempre il suo cavallo di battaglia: si intitolava “La questione lauretana tra storia e leggenda” poi arricchita da ulteriori studi e ripubblicata nel 1996. Quando sono arrivato in parrocchia a Porto Potenza ne ho trovata una copia impolverata in una stanza dove giacevano vari libri più o meno inutilizzati ed è stata l’occasione per leggerla; quando poi l’ho incontrato gliel’ho detto e ricordo che lui, scrollando le spalle, ha fatto un sorriso e mi ha risposto “Beh, a Porto Potenza i miei libri possono servire giusto per fare polvere”; ironicamente – o forse neanche più di tanto – con un sorriso ci diceva che noi eravamo preti culturalmente scadenti ma poi una volta andato dall’altra parte della diocesi, in Valdaso, aggiungeva che là erano proprio scaduti e allora noi avevamo recuperato qualche punto ai suoi occhi.
Processione festa di San Vicenzo Ferreri a Montecanipone, anno 2012.Tornando alla tesi di laurea mi aveva colpito il sottotitolo che recita “perché la Santa Vergine, Madre, Corredentrice e Mediatrice del genere umano sia finalmente venerata con un culto libero e sciolto da credenze e leggende di sapore medioevale e senza fondamento storico”. Nel tempo ci ho visto una sintesi dell’approccio di don Vincenzo alla fede, integra per contenuto, come dice anche il titolo in relazione alla Beata Vergine Maria, Madre, Corredentrice e Mediatrice, ma critico nel vagliarne le manifestazioni per le quali pretendeva fondamento e ragionevolezza. Nell’introduzione ha scritto: «a qualcuno, superficiale o integralista, può sembrare che in me ci sia una volontà precisa di dissacrare quello che viene venerato da moltitudini di fedeli da secoli: niente affatto! Gesù ha detto “il vostro linguaggio sia sì e no”: in me c’è solo il desiderio sincero di giungere alla verità». D’altronde la sua formazione era di indirizzo storico e archeologico; alla fine della sua vita ha collezionato quasi 90 pubblicazioni. Eppure quasi nessuno di noi lo ha cercato e apprezzato per la sua cultura, anche perché non ne faceva sfoggio: le sue omelie piacevano alla maggioranza non certo per i complessi contenuti culturali quanto per l’ironia e la battuta che spesso suscitavano un sorriso se non addirittura una risata. Eppure la sua cultura era reale anche da me riconosciuta molto tardi, precisamente del 2009 quando ero parroco a Potenza Picena e lui venne a scavare nell’archivio parrocchiale per ritrovare le relazioni originali di due visite pastorali da inserire in una pubblicazione; lì mi accorsi della portata nascosta delle sue conoscenze perché si trattava di documenti del 1573 e del 1765, di fogli ingialliti, scritti molto fitti in latino, a mano, e lui si è messo a leggerli e a tradurli con una facilità che mi ha lasciato davvero senza parole.
Ma la fede di don Vincenzo non era solo una questione di mente ma anche di cuore e di fiducia reale nel Signore: l’abbiamo visto in quest’ultimo anno nel quale la malattia lo ha spogliato di tutto quello che faceva la sua vita di prima – la libertà di muoversi, la possibilità della compagnia, delle feste, di leggere, di scrivere eppure l’ho visto sereno e a volte addirittura sorridente e capace di scherzare.
Don Vicenzo Galiè. Foto di Mauro Mazziero.Un ultimo tratto mi viene in mente di don Vincenzo ed è la sua generosità; chi non ha visto le condizioni della casa e della chiesa di Campofilone al suo ingresso in parrocchia non se ne può rendere conto. Ogni volta che lo andavo a trovare vedevo sistemato un nuovo pezzo e nell’arco di questi anni ha rimesso in sesto praticamente tutto ma per noi preti era evidente che una parrocchia di quelle dimensioni non poteva avere le risorse per questi lavori e infatti lui stesso ci aveva confermato di aver attinto dalle sue risorse personali e da quello che gli avevano lasciato i genitori. Quando gli abbiamo chiesto perché, la sua risposta è stata limpida: “l’ho fatto per la gloria di Dio e in suffragio delle anime dei miei cari”.

Caro don Vincenzo, adesso sei al cospetto del Padre in quella eternità dove puoi vedere tutto e comprendere tutto, senza ombre e senza veli; non hai più bisogno di immaginare perché contempli e soprattutto puoi sapere quanto i tuoi studi ti sono stati realmente utili per avvicinarti alla verità. Ma la cosa più importante è che sei nell’abbraccio di Dio, del suo amore, quell’amore che il tuo sorriso, la tua disponibilità e anche le tue battute ci hanno permesso in parte di assaggiare in questa vita. Credo che non solo io ma molti dei presenti oggi sentono di doverti ringraziare perché con il tuo modo di fare hai reso meno pesante e più piacevole il nostro percorso terreno. Grazie don Vincenzo. Arrivederci.

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a cura di Simona Ciasca e Paolo Onofri
2°_DSC3531Uno degli sport più antichi che si praticava a Potenza Picena è stato sicuramente quello del gioco del pallone col bracciale, gioco comune in tutte le Marche ed in particolare a Treia, dove ogni anno dal 1978 in questa città si svolge la Disfida del bracciale tra i 4 rioni cittadini.
Il gioco del pallone col bracciale, che viene anche ricordato in una poesia di Giacomo Leopardi del 1821 “A un vincitore nel pallone”, dedicata al campione di Treia Carlo Didimi (Treia 6/5/1798 – 4/6/1877), veniva semplicemente chiamato pallone o palloncella. Il campo da gioco, lo sferisterio, era posto sotto le mura castellane, vicino alla chiesa della Madonna della Neve, oggi trasformato in un ampio parcheggio per auto. Questo spazio è stato anche il primo campo da gioco del Foot-ball, il moderno calcio, prima che i soldati polacchi del battaglione Skorpion costruissero nel 1946 il campo sportivo comunale, oggi chiamato Favale-Scarfiotti-Skorpion.
Nel nostro ricchissimo archivio storico comunale si trovano spesso informazioni su questo sport, da noi molto popolare.
Didimi-ritrattoNel 1898 un gruppo di dilettanti, con una petizione, richiese al nostro comune la sistemazione del campo da gioco, ridotto in pessime condizioni. Tra di loro troviamo Bocci Lucianino, Bocci Luigi, Alessandroni Giuseppe, De Angelis Giuseppe, Mataloni Giuseppe, Zucchini Domenico, Bufalari Nazzareno, Pignani Giovanni, Casciotti Pacifico, Pignani Igino ed il maestro Raffaele Petetti.
Il giorno 10/6/1922, inoltre, si era costituita nella nostra città la società sportiva Iris, il cui presidente era Alfredo Casciotti ed il segretario Albino Principi e la loro attività sportiva prevedeva i seguenti sport: pallone (pallone col bracciale), Foot-Ball (calcio), ciclismo ed atletica leggera.
Il giorno 16/7/1922 i nostri giocatori di pallone col bracciale si sono battuti contro i dilettanti di Recanati.
Anche durante le tradizionali feste religiose che si svolgevano a Potenza Picena il gioco del pallone col bracciale era spesso praticato, in particolare durante la Festa dell’Assunta, il giorno 15 di Agosto. Si evince, pertanto, che questo sport era largamente praticato a Potenza Picena sia nell’Ottocento che i primi decenni del Novecento.
Secondo una ricerca storica pubblicata sulla rivista Marca/Marche, n° 9 del Settembre del 2017 a cura di Andrea Livi dal titolo “Il gioco del pallone col bracciale nelle Marche tra 700′ e 800′”, a Monte Santo tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento viveva un importante giocatore di pallone col bracciale, un certo Sassetti, che giocava nelle partite al Porto di Fermo, l’attuale Porto San Giorgio.
Manifesto Festa dell'Assunta del 1881. Tip. R. Simboli Recanati. ASCPP.Per non perdere la memoria storica di questo sport popolare che si praticava a Potenza Picena, l’antica Monte Santo, sarebbe opportuno far collocare sul campo da gioco di Largo Giuseppe Asciutti, vicino alla Madonna della Neve, una targa che ricordi a tutti il luogo dove veniva praticato il gioco del pallone col bracciale.

pdficon_large pol-iris-web.pdf – Statuto Società Sportiva Iris di Potenza Picena del 1922. A.S.C.P.P.

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Giovanni PastocchiUn anno fa, il giorno 15 Marzo del 2017, moriva ad Osimo Giovanni Pastocchi, il poeta vernacolare di Potenza Picena, di Mondesando come amava chiamare lui la nostra città con l’antico nome.
Giovanni, Antonio Pastocchi era nato a Potenza Picena il giorno 3 Aprile del 1931 in Vico Solanelli da Emilio, rinomato sarto, e da Igina Sensini ed è il fratello di Massimo e Luciano (Ciano).
Ha studiato nelle scuole elementari locali, poi le medie a Recanati e si è diplomato maestro elementare. E’ stato tra coloro che sono partiti a lavorare in Francia, a Parigi, ed esattamente a Pontoise, negli anni Cinquanta del Novecento, insieme a tanti nostri muratori e manovali, lui invece contabile al servizio dell’impresa edile di Civitanova Marche dei fratelli Pagnanini. E’ ritornato a Potenza Picena ed è stato assunto come impiegato nel nostro comune, dove è rimasto fino alla pensione.
Le sue poesie in dialetto santese sono state pubblicate una prima volta nel 1992 nel libro “O Mondesando mia”, poi nel 2014 ha pubblicato il secondo volume “Colori e sorrisi”, curato dal nipote Riccardo Pastocchi. Quest’ultimo volume è stato arricchito con quadri dello zio prof. Giuseppe Asciutti e contiene un interessante glossario del dialetto santese, secondo la versione di Giovanni Pastocchi. Inoltre nel 2016, a cura della Banca di Credito cooperativo di Civitanova e Montecosaro, è stata pubblicata la ristampa anastatica del primo volume “O Mondesando mia”, quando Giovanni, pur malato, era vivente.

copertina

Copertina del libro “Colori e Sorrisi” di Giovanni Pastocchi.

A lui è stato intitolato nel 2013, quando era ancora in vita, il premio di poesia indetto nell’ambito della Festa del Grappolo d’Oro di Potenza Picena, a cura della locale Pro Loco, concorso che prosegue anche dopo la sua morte.
Potenza Picena con la scomparsa di Giovanni Pastocchi ha perso uno dei suoi maggiori poeti vernacolari che abbia mai avuto. Ci manca oggi, a distanza di un anno, la sua presenza solare ed affettuosa.

pdficon_large Ricordino giovanni pastocchi.pdf

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