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Archive for Maggio 2022

A cura di Simona Ciasca e Paolo Onofri

Nel 1972, all’età di 92 anni, moriva a Carozzo di La Spezia, il Commendatore, Grande Ufficiale, Cavaliere del Lavoro, cittadino onorario di Potenza Picena, Eugenio Quaglia, imprenditore del settore della ceramica e del laterizio, presidente ed amministratore della Società Ceramica Adriatica di Porto Potenza Picena.

Eugenio Giovanni Quaglia era nato a Cantalupo Ligure, in provincia di Alessandria, il giorno 24/06/1880 da Francesco, agricoltore e da Giacinta Toccalino. Nel 1907 sposò la sig.ra Elvira de Maestri e dal loro matrimonio nacquero Franco e Delia. La moglie Elvira morirà nel 1922;  il figlio Franco, avvocato, morirà giovane nel 1945, mentre Delia sposerà l’ingegnere svizzero Carlo Modespacher, che assumerà l’incarico di direttore della Società Ceramica Adriatica.

Eugenio Quaglia venne a Potenza Picena solo nel 1942, per rilevare dall’IRI, insieme ad altri imprenditori tosco-liguri, la Società Ceramica Adriatica di Porto Potenza Picena.

La Società Ceramica Adriatica, dopo la guerra, riprese l’attività produttiva e grazie ad Eugenio Quaglia crebbe, invece che chiudere, ed arrivò a dare occupazione a tantissimi operai, operaie ed impiegati, oltre cinquecento persone.

Era la realtà produttiva più importante a livello occupazionale della città di Potenza Picena.

Pergamena per il conferimento della cittadinanza Onoraria di Potenza Picena ad Eugenio Quaglia. Foto B. Grandinetti. ASCPP

Nel 1957, il giorno 4 maggio, il Consiglio Comunale di Potenza Picena, Sindaco il maestro Lionello Bianchini, conferì ad Eugenio Quaglia la cittadinanza onoraria. Il Consiglio Comunale di Potenza Picena che adottò questa importante decisione, presieduto dal Sindaco Lionello Bianchini,  era composto dai seguenti consiglieri comunali: Bilò Nazzareno, Pasquali Silvio, Grandinetti Mario, Simonacci Camillo, Grandinetti Nello, Romagnoli Giuseppe, Gelosi Giuseppe, Torresi Raoul, Fontana Umberto, Rinaldoni Rinaldo, Giustini Nicodemo, Paniconi Quirino, Mazzoni Umberto, Cantarini Vincenzo e Cagnoni Americo.

Anche il Comune di Penna San Giovanni, dove si trovava la colonia montana per i figli e le figlie degli operai della SCA di Porto Potenza Picena ed intitolata al figlio di Quaglia, l’avvocato Franco morto nel 1945, gli conferì la cittadinanza onoraria.

Il Presidente della Repubblica Italiana Giovanni Gronchi, il giorno 02/06/1958, gli conferì il titolo di Cavaliere del Lavoro.

Nel 1965, il prof. Renato Resta di La Spezia dedicò al Comm. Eugenio Quaglia una bella pubblicazione, nella quale viene raccontata la sua storia imprenditoriale ed umana. Noi con questo articolo vogliamo far conoscere ai nostri lettori questa pubblicazione, che è molto interessante e che evidenzia la generosità del comm. Eugenio Quaglia a favore di Porto Potenza Picena ed il suo mecenatismo.

Grazie a lui venne aperto a Porto Potenza Picena l’asilo nido per i bambini e le bambine, figli degli operai ed operaie della SCA, gestito dalle Figlie dell’Addolorata di Potenza Picena.

Estereno della Società Ceramica Adriatica di Porto Potenza. Foto Tratta dal libro “Il fascino della storia, il respiro del mare” Op. Cit

Eugenio Quaglia contribuì economicamente alla costruzione della Casa del Fanciullo, la cui prima pietra venne posta il giorno 23/01/1949 ed alla costruzione della chiesa del Corpus Christi in Piazza Giulio Douhet, che iniziò il giorno 29/06/1964.

Nel 1958 finanziò la pubblicazione del libro di Norberto Mancini Visioni Potentine, nel quale viene citato anche Eugenio Quaglia e la Ceramica Adriatica.

Testo del Prof. Renato Resta del 1965 dedicato ad Eugenio Quaglia. ASCPP

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A cura di Simona Ciasca e Paolo Onofri

La Società Calcio di Potenza Picena è stata fondata nel lontano 1945 e tra i fondatori troviamo anche Ferruccio Orselli, per oltre cinquanta anni anima della stessa Società, di cui è stato presidente, segretario, cassiere e dirigente.

Quando il giorno 10/06/1946 è stato inaugurato il nuovo campo sportivo realizzato dai soldati polacchi del 4° reggimento “Skorpion”, che avevano liberato Potenza Picena dai nazi-fascisti il giorno 30/06/1944, presente il sindaco di Potenza Picena Antonio Carestia, quel giorno Ferruccio Orselli c’era.

Nella foto che tutti noi conosciamo e che abbiamo anche pubblicato sul nostro blog, troviamo insieme ai soldati polacchi del 4° reggimento “Skorpion”, il sindaco di Potenza Picena Antonio Carestia, il comandante dei carabinieri di Potenza Picena Francesco D’Ischia, Ferruccio Orselli, il Segretario Comunale Gaetano Farroni, che tiene sotto braccio la pergamena incorniciata realizzata dal prof. Giuseppe Asciutti da consegnare al comandante polacco. Il nuovo campo sportivo è stato realizzato su di un terreno messo gratuitamente a disposizione dalla famiglia Favale Scarfiotti.

Ferruccio Orselli è nato a Potenza Picena il giorno 03/05/1916 da Benedetto, sarto, e da Maria Mazzoni.

Il giorno 20/10/1955 si è sposato con la sig.ra Maria Perticarari e dal loro matrimonio sono nati Benedetto e Palma.

È morto a Civitanova Marche il giorno 07/12/1998.

Ferruccio ha studiato nelle scuole locali e poi ha frequentato la scuola d’arte “Ambrogio Della Robbia” con il prof. Giuseppe Asciutti. Ha combattuto durante la seconda guerra mondiale in Albania, dove è rimasto ferito alla schiena.

Ha inizialmente svolto il lavoro di sarto con il padre Benedetto, poi è andato a lavorare come impiegato presso il calzaturificio “Kurbistan” dei fratelli Mazzarella, quando la fabbrica si trovava all’interno dei locali dell’ex convento dei frati francescani conventuali al Pincio, dove oggi c’è la Pinacoteca Comunale “Benedetto Biancolini”.

È stato anche responsabile dell’Associazione Nazionale Invalidi e Mutilati di Guerra di Potenza Picena, presidente dell’ECA (Ente Comunale di Assistenza) e consigliere comunale della Democrazia Cristiana dal 1960 fino al 1964, quando sindaco di Potenza Picena era l’avvocato Silvano Mazzoni.

Da giovane ha praticato lo sport del calcio, ricoprendo il ruolo di portiere. In una vecchia foto lo troviamo insieme ad altri giovani di Potenza Picena che praticavano questo sport, tra cui Romeo Renzi, Rinaldo Carestia, Stelvio Grandinetti (con in braccio la figlia Vanda), Norberto Paolucci, Giuliano Riccobelli, Nazzareno Riccobelli, Oliviero Grandinetti, Casimiro Scarfiotti, Aldo Linardelli (Polò), Orlando Mazzoni, Ettore Lucarelli, Vittorio Clementoni, Giuseppe Piersanti e Memorino Piani.

Il giorno 08/03/2003, sindaco Mario Morgoni, è stato intitolato a Ferruccio Orselli il nuovo centro sportivo nel campo in sintetico di Via dello Sport a Potenza Picena.

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Di Mons. Giovanni Cotognini

quadro di San Girio

25 maggio – S. Girio. A questa data, a questo nome, si presenta alla nostra fantasia tutta una storia di bontà, di virtù, di santità, di grazie. Nella Baronia di Lunello (città della Francia) è nato un bimbo; è sbocciato un fiore: un bimbo che, cresciuto negli anni, dovrà venire qua a terminare i suoi giorni; un fiore che il divino giardiniere trapianterà nella nostra terra: S. Girio. Tra gli agi e le comodità in cui si trova sente la voce del mondo che lo invita a godersi la vita; ma sente pure la voce di Dio che gli ripete: vieni e seguimi; avrai un tesoro che nessuno potrà mai rapirti. A questa voce Girio tende l’orecchio; questo invito conserva nel cuore, finché, giunto il momento opportuno, tutto abbandona e, in compagnia del fratello Effrendo, comincia la vita di pellegrino. E sarà vita di disagi e contrassegnata da prove.

La prima tappa è un ponte costruito dai Romani sul fiume Gardone. Ai piedi del ponte vi sono due nicchie simili a caverne. Vengono scelte a dimora e lì attendono alla preghiera e alla meditazione delle verità eterne. Di là uscivano per mendicare, tra gli sparsi casolari, il sostentamento alla vita. Ma ecco che la fiducia dei due fratelli nella Provvidenza viene messa alla prova. Continue piogge gonfiano il fiume, impediscono ai due eremiti di uscire dalle grotte. Privi di tutto, con che cuore avranno ripetuto: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. E la preghiera è subito esaudita; e la fiducia è premiata. Due serpenti appaiono sull’acqua; portano in bocca del pane, si avvicinano alle grotte e lasciano il cibo che Dio manda ai suoi servi. Cessate le piogge, i pellegrini si mettono in cammino. La meta è Roma. Parte del viaggio viene fatto per mare; parte per terra. Ma l’uno e l’altro viaggio sono contrassegnati da dure prove: il viaggio in mare viene funestato da furiosa tempesta, che mette in serio pericolo i naviganti; il viaggio di terra dallo smarrimento della via. Ma non è scossa la fede di Girio. “Invoca me in die tribulationis…” dice il Signore, e Girio implora aiuto, e l’aiuto non tarda a venire e a consolare. Nel mare la tempesta si calma; nel bosco presso Viterbo, dove si erano sperduti, ecco sbucare un’orsa che, come cane fedele, guida per più di quattro chilometri i pellegrini e li riporta sul giusto cammino.

E così giungono a Roma. A Roma, mentre visitano le tombe degli Apostoli, nei luoghi santificati dai martiri, sentono parlare di un certo Liberio, uomo di grande santità, che è in Ancona e ha desiderio di visitare la Palestina. Girio subito lascia Roma per vedere Liberio ed unirsi a Lui nel pellegrinaggio. Visitare i luoghi santi è stato sempre il suo sogno. Potesse ora realizzarlo!! E avanza Girio, seguito dal fedele fratello Effrendo, verso le nostre Marche. Vieni pure o servo del Signore. Montesanto ti aspetta. Qui troverai la volontà di Dio, ti sbarrerà la strada e tu porrai termine al tuo cammino! Un dolore di capo che affliggeva Girio da qualche tempo, si fa più grave e fastidioso. Arrivati i due fratelli in questa nostra zona, sono costretti a fermarsi; Chiedono ospitalità e passano la notte in una cascina. Al mattino Girio vuole riprendere la strada verso Ancona, ma al fiume Potenza non ne può più; si accascia a terra e guarda sorridendo il cielo. È l’ultima ora. Effrendo corre in cerca di aiuto, ma tutto è inutile. Girio reclina il capo e muore. A Montesanto le campane agitate da mani invisibili suonano a distesa. E la gente accorre. Anche da Recanati viene gente. Tra i due popoli succede un litigio per il possesso del corpo. Un bimbo per la prima volta parla e consiglia di porre il corpo su di un carro tirato da giovenche mai attaccate al giogo. Così si fa. Fra la trepidazione e il silenzio di tutti, le giovenche volgono il cammino verso la nostra terra. Qui il corpo di Girio viene sepolto. Sul corpo di Girio, da tutti chiamato santo, viene eretta una chiesa. Questa chiesa diviene meta di pellegrinaggi e centro di attenzioni da parte della municipalità. E mentre vengono, da Montesanto e dai paesi vicini, devoti a chiedere grazie, il municipio vigila che tutto abbia a procedere con ordine e con decoro; che le offerte lasciate dai fedeli servano al mantenimento della chiesa e a provvedere il necessario per il culto divino, e sceglie sindaci, amministratori, deputati, perché provvedano a tanto. E perché l’ufficiatura della chiesa sia continua, pensa a collocarvi dei religiosi. Agostiniani, carmelitani, servi di Maria, si succedono nel servizio di questa chiesa. Solo quando nel 1652 Innocenzo X sciolse le piccole comunità si mise qui un sacerdote secolare come cappellano, che poi, nel 1739, divenne parroco.

Quadro di Sant’Ignazio e San Girio a restauro ultimato. Foto Ars Nova.

Ma non basta. Il municipio vuole anche pubblicamente manifestare la propria devozione al santo e ne stabilisce, con una serie di norme, le modalità. Il 25 maggio è giorno festivo; e per avere gente in numero maggiore anche dai paesi circonvicini, si chiede al Papa Paolo V di poter fare pure una fiera (10/01/1606). Per impedire disordini si mandano cinquanta soldati a custodire la chiesa dalla mattina alla sera. Il clero con processione solenne, il municipio in forma ufficiale, partono da Montesanto e si recano in questa chiesa, e il municipio offre il suo dono in segno di sudditanza e di devozione. Simbolico segno i ceri. Ardendo significano l’amore che si porta al santo; ma stanno lì pure a ripetere la preghiera da noi recitata all’altare.

La giornata era rallegrata da spari e chiusa dall’accensione di fuochi. Cose tutte che vedete istoriate in questa chiesa divenuta, per lo zelo del vostro parroco, una delle più belle chiese rurali dell’arcidiocesi nostra. Queste cerimonie dovettero durare fino al 1860. Poi, per le note vicende politiche, furono sospese. Oggi per interessamento dell’Amministrazione Comunale, la tradizione è stata ripresa, e si rivede la municipalità venire in forma ufficiale a venerare S. Girio e a ripetere l’offerta dei ceri. Sotto le mode antiche voi scorgete visi ben noti. Si è voluto così unire il passato al presente; colmare una lacuna; gettare un ponte sull’incrinatura prodotta dall’ondata anticlericale del nostro risorgimento.

Atto di ossequio perché S. Girio è il compatrono della nostra città.

E compatrono significa: custode, difensore della città; avvocato presso il trono di Dio; signore della città. Se lui è il signore, noi i sudditi; se lui il difensore, noi i difesi; se lui l’avvocato, noi i clienti.

Doveroso dunque il nostro ossequio. Ma fra tanti titoli un altro ce n’è. Alunni, e tali dobbiamo essere, se vogliamo che S. Girio continui a proteggerci. Lui pellegrino, pellegrini noi pure, verso la terra santa e noi verso il cielo. Portiamoci spesso col pensiero verso questa patria se vogliamo salirvi con l’anima dopo la nostra morte.

Fugge il mondo; fuggiamo noi pure, non la società, ma quella parte della società che è nemica di Dio e del Vangelo, l’armento di Satana; lui sottomesso ai voleri del cielo; fidente sempre nella Provvidenza divina. Nelle prove pubbliche e private in cui potremo trovarci non perdiamo la fiducia in Dio; attendiamo all’adempimento dei nostri doveri e siamone pur certi, dopo le tenebre, tornerà la luce; dopo le nubi risplenderà il sole. Questi gli insegnamenti di S. Girio. Ascoltiamoli e mettiamoli in pratica. E perché questo avvenga, oh! S. Girio, pregate per noi.

È stato detto che tutto quello che si racconta di S. Girio sia immaginario; che la stessa figura del santo sia leggendaria.

Non sembra che l’autore di tale frase, abbia centrato il bersaglio.

Troppi argomenti ci sono per mostrare il contrario.

Intanto del giovane Gerardo o Girio, ci parla un antico manoscritto di Lunello, patria del nostro santo; della famiglia di lui, ci parla Memoir de l’histoire du Languedoc, di Guillaume de Catel, p.343 (Cfr. Della vita, culto, e miracoli di s. Girio confessore specialissimo protettore di Monte Santo nel Piceno, per Gioacchino e Gio. Giuseppe Salvioni stampatori vaticani, Roma 1766, p. 2).

Di S. Girio morto e sepolto in territorio di Montesanto, tra il 1298 e 1299, parlano immagini, atti consiliari, il culto immemorabile prestato al santo ecc. Infatti:

  1. sul sepolcro di S. Girio venne subito costruita una chiesa e, nel 1326, questa, perché minacciava rovina, venne visitata da Ugone Bonis, tesoriere della Marca Anconitana, per ordine di Giovanni Diacono cardinale di S. Teodoro, Legato della Sede Apostolica;
  2. nel 1377, il consiglio comunale di Montesanto stabilì di festeggiare S. Girio il 25 maggio;
  3. nel 1400 abbiamo un’altra effigie di S. Girio che assieme alle effigi di S. Michele Arcangelo e S. Stefano, sta attorno alla Vergine. La pittura è di Pietro da Montepulciano (Cfr. Rotondi, Argomenti di Arte Marchigiana, Fabriano, 1936);
  4. gli statuti della comunità, del 1431, stabiliscono di considerare festa di precetto il 25 maggio e dànno norme per la celebrazione di tale festa;
  5. nel 1463 si pensava di mettervi i PP. Minori a servizio della chiesa e Pio II° (che era stato Vescovo di Fermo) accolse la richiesta di fabbricare un convento a fianco della chiesa. Il Papa nella Bolla che porta la data 27/07/1463, ma che fu spedita il 01/06/1466 (e la Bolla si può vedere nell’Archivio Vaticano) dice che nella chiesa riposa il Corpo di S. Girio; che Iddio, per intercessione del santo vi opera moltissimi miracoli; che la chiesa è meta di pellegrinaggi…
  6. Dovendosi riparare la chiesa, il consiglio comunale, nel 1480, diede ordine, qualora si fosse trovato il corpo del santo, di trasportarlo in paese, alla pieve, per poi riportarlo a posto a lavori ultimati.
    Non sappiamo cosa sia avvenuto. Nessuna meraviglia. A quel tempo si consideravano i corpi dei santi come preziosi tesori; si tenevano nascosti e segreti per paura di trafugamento.
  7. Nel 1523, il Card. Colonna, patrono della chiesa di S. Girio, ne trascurava il decoro. La comunità, con atto consiliare, spedì una commissione al Papa Adriano VI perché con la sua autorità costringesse il Cardinale a rinunciare al patronato.
  8. Nel 1774, nella pieve di S. Stefano, mentre, per costruire un sepolcro, si stava scavando nella cappella di S. Girio, così chiamata per un’immagine e un altare che vi erano di detto santo, per il cadere di una lama di terra si scoprì un loculo, dove era un corpo che si disse di S. Girio per il fatto che una lapide lo diceva chiaramente. Il pievano dell’epoca, don Lorenzo Vecchini, per ragioni non dettate da prudenza, allontanò gli operai e fece scomparire ogni traccia. Il fatto non finì lì; dovette destare ammirazione, se ne dovette parlare a lungo. L’immediato successore del Vecchini, don Domenico Mozzoni, venuto da Montefiore a reggere la pievania di S. Stefano, nel 1717, dovette sentire raccontare il fatto da testimoni oculari, non escluso il M.R.D. Francesco Antonio Clari, cappellano del Vecchini nel 1714 e poi economo spirituale. Il Moroni, nel Libro X dei Battesimi, a fianco dell’atto n. 110, a p. 164, mise questa nota:
    Il primo battesimo amministrato nel Battistero di nuovo rimosso dal luogo dove l’avevo fatto trasportare il 17/4/1720, perché nel luogo dove era stato posto, luogo che era sotto l’arco con le pitture della B.V. e di S. Girio, c’era il tumulo di detto santo, il cui corpo ritrovato nel tempo in cui dal R. Vecchini Pievano, si costruiva in un muro della cappella il Cimitero, fu poi rubato, ex testium depositionibus.
    Se non fosse stata una cosa seria, avrebbe il pievano messo una nota del genere a fianco di un atto di Battesimo?
    Nel 1732 lo stesso arcivescovo di Fermo Alessandro Borgia, fece fare una inchiesta e ne diede incarico a mons. Alessandro Buonaccorsi. Le indagini durarono dal 07/10 al 12/11. Furono interrogati quindici testimoni e tutti affermarono che il corpo di S. Girio era stato trovato e che il pievano lo aveva di nuovo nascosto (arch. della curia di Fermo).
  9. Il 01/08/1742 venne approvato il culto immemorabile; nel 1743 venne concesso al clero di Montesanto di celebrare il 25 maggio l’Ufficio e la Messa di S. Girio.
  10. Il 10/03/1893 la S.C.R. concesse le lezioni proprie al clero di Potenza Picena e S. Pio X le concesse pure al Terzo Ordine Regolare.
  11. Alla Biblioteca Vallicelliana di Roma, Pos. 3, p. 145, ci sono gli Atti della vita di S. Girio, Atti che furono copiati da Girolamo Ridolfi da […] nel 1326.
    Il Catalani nel De Ecclesia Firmana eiusque Episcopis et Archiepiscopis Commentarius, Firmi, 1783, a p. 51 dice che Henschenius Bollandienus, parlando di questi Atti di S. Girio, così si esprime: “Ego quod censuram magnopere mereatur, nihil in iis reperio”.
  12. Il Lamonnier, nelle Memorie, a pag. 315, 316, parla di S. Girio, che condusse vita angelica nel castello paterno e morì in odore di santità a Montesanto (Cfr. “La Verna”, rivista francescana, anno I°, n. 5, ottobre 1903, p. 292).

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A cura di Simona Ciasca e Paolo Onofri.

Esterno ex-Ospedale Bonaccorsi

La dott.ssa Isabella Torresi di Montelupone ha portato a termine un interessante lavoro di ricerca sul nostro Ospedale Civico Bonaccorsi, lavoro presentato al convegno “Le Istituzioni Caritatevoli e religiose, notizie storiche e ricerche”, che si è tenuto nel 2014. Il suo lavoro è stato poi pubblicato nel testo del volume n° 50 degli “Studi Storici Maceratesi” del 2016. Una copia di tale volume è presente presso la nostra biblioteca comunale “Carlo Cenerelli Campana” di Via Trento.
Consultando il nostro archivio storico comunale di Via Trento, la dott.ssa Isabella Torresi ha potuto trovare molti spunti per poter ricostruire la storia del nostro Ospedale.
L’Ospedale è stato fondato nel 1737, quando mons. Alessandro Bonaccorsi, a proprie spese, ha acquistato dalle Suore Benedettine di Santa Caterina d’Alessandria il palazzo di Corso Vittorio Emanuele II, nel passato di proprietà della famiglia Spiriti. Successivamente, alla morte del Mons. Bonaccorsi, l’Opera Pia Ospedale si è arricchita sia del lascito di Francesco Angeletti (1848), che di quello della sig.ra Albina Gezzi, vedova Pierandrei, la quale nel 1869 lasciò con testamento tutti i suoi beni, quelli del marito Giovanni e del cognato, il canonico Angelo Pierandrei, all’Ospedale Civico Bonaccorsi, ponendo la condizione che la sua gestione fosse affidata alle suore dell’ordine delle “Figlie della Carità” di Siena.
L’Ospedale Civico Bonaccorsi, che ha regolarmente funzionato per tutto l’Ottocento e la prima metà del Novecento, aveva un suo regolamento, dove si stabilivano le regole del suo funzionamento.
Dopo la seconda guerra mondiale, il ruolo del nostro Ospedale venne sempre meno, in quanto nei centri limitrofi erano in funzione ospedali molto più attrezzati e funzionali, ad esempio a Recanati, a Civitanova Marche, a Macerata, a Loreto ed anche a Porto Potenza Picena, presso l’Istituto di Riabilitazione Santo Stefano.

Stemma della Famiglia Bonaccorsi e lapide che ricorda Alessandro Bonaccorsi

Il giorno 30 giugno del 1944, quando i tedeschi in fuga colpirono la nostra città con cannoneggiamenti, danneggiando sia la torre della Piazza Principe di Napoli che l’abitazione della famiglia Mazzoni in contrada La Concia, tutti i cittadini colpiti furono portati a medicare all’Ospedale Civico Bonaccorsi. Purtroppo, per otto di essi le cure non furono sufficienti e morirono.
Ridotto ad un pronto soccorso, nel 1956 ospitò in affitto anche i militari dell’Aeronautica, che erano venuti a Potenza Picena in quell’anno e ci rimasero fino al 1960. Successivamente ospitò anche le tre classi della scuola media statale, fino a quando non venne costruita la nuova scuola media di Circonvallazione Le Grazie, entrata in funzione solo nel 1969. I locali ospitarono anche le camere dell’Albergo Centrale, gestito da Giuseppe Torresi ed anche la fabbrica di confezioni, la Emily Horse di Emilia Cavalli.
L’attività dell’Ospedale Civico Bonaccorsi si può dire conclusa nel 1973, quando l’ECA trasferì il patrimonio della Opera Pia Ospedale Bonaccorsi alla casa di riposo di Potenza Picena.
All’interno della struttura ospedaliera lavorarono i medici Mariano Bitocchi e Manlio Zambruni, vennero ad eseguire il prof. Bombi Giulio e Patrignani Sergio di Ancona, il primo come chirurgo, il secondo come specialista in Medicina. Anche il prof. Marchini di Recanati frequentò il nostro Ospedale. Per quanto riguarda gli infermieri, si ricordano Amelio Pescetti, Fernanda Bufalari ed Alessandro Morichetti, tutti di Potenza Picena.
I locali ospitarono anche il medico condotto Manlio Natalini, il Poliambulatorio fino a quando non venne costruito il nuovo fabbricato in Via delle Fonti e il Centro Ricreativo “Armando Fioranelli” del circolo degli anziani di Potenza Picena ed altre associazioni sportive e ricreative locali ed anche gli Scout.
Nel 2013, in data 4 ottobre, decreto n° 233, il palazzo è stato dichiarato, dalla Soprintendenza di Ancona, di interesse storico ed architettonico.

Lapide commemorativa dedicata ad Albina Gezzi Ved. Pierandrei. (1869)

Per diversi anni la struttura è stata posta in vendita al prezzo di Euro 626.000.
Il lavoro di ricerca storica di Isabella Torresi ci consente di colmare una grave lacuna nella conoscenza della storia di quest’antica istituzione della nostra città, sorta ben duecentoottantacinque anni fa dalla magnanimità di mons. Alessandro Bonaccorsi ed incrementata dai successivi lasciti di Francesco Angeletti e di Albina Gezzi, vedova Pierandrei.
La nostra comunità ringrazia di cuore la dott.ssa Isabella Torresi per il suo interessante lavoro di ricerca storica, che meritava di essere conosciuto.

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Presentazione a cura di Simona Ciasca e Paolo Onofri

Copertina del libro “Il rumore dei pensieri”

Pubblicare un libro all’età di 14 anni è un fatto unico ed eccezionale; scrivere la prima poesia all’età di 7 anni è veramente straordinario; ottenere premi e riconoscimenti nazionali ed internazionali per lavori poetici, racconti, recensioni e gialli ed essere nominato all’età di 14 anni “Alfiere della Repubblica” dal presidente Mattarella è davvero raro.

Tutto questo è capitato a Riccardo Amicuzi di Porto Potenza Picena, nato a San Severino Marche il giorno martedì 30/05/2006 da Luca e da Eleonora Forti.

Ha frequentato la scuola primaria e secondaria a Porto Potenza Picena ed oggi frequenta il Liceo Scientifico di Civitanova Marche.

La sua passione per la poesia è nata già quando frequentava la prima elementare a Porto Potenza Picena ed era dedicata al Monte Conero. Sono seguite nel corso degli anni tante altre poesie, per un totale di n° 80, tutte contenute nel libro, arricchite da bellissime e significative foto e immagini. Riccardo è anche un bravo fotografo.

Riccardo Amicuzi inoltre ha elaborato recensioni, articoli, temi e gialli; ha ottenuto premi e riconoscimenti sia per la poesia che per le sue recensioni e gialli.

Il libro è stato stampato nel 2020 e contiene la presentazione del prof. Giulio Tabanelli dell’Università di Urbino. Inoltre anche il prof. Giuseppe Cecere di Porto Potenza Picena ha voluto dedicare una sua presentazione dal titolo Il ragazzo che sussurrava alle muse.

I nonni materni, Rita Casali e Francesco Forti, gli hanno voluto dedicare le seguenti parole: “lo scopo della vita è vivere serenamente, gioiosamente, divinamente; in te esistono il segno dell’eternità, il passato ed il futuro”.

Riccardo Amicuzi

Il Comune di Potenza Picena, il giorno di venerdì 24/07/2015, gli ha conferito la cittadinanza benemerita della città, all’età di 9 anni.

Il giorno martedì 09/03/2021 Riccardo Amicuzi, insieme ad altri ventisette ragazzi e ragazze italiani, ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’onorificenza di “Alfiere della Repubblica” con la seguente motivazione: “per la passione e l’impegno che sostengono, fin da giovanissimo, la sua vocazione di narratore”.

Il volume “Il rumore dei pensieri” è consultabile presso la Biblioteca Comunale “Carlo Cenerelli Campana” di Via Trento a Potenza Picena.

Attestato di cittadinanza benemerita a Riccardo Amicuzi conferita il 24 luglio 2015

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A cura di Simona Ciasca e Paolo Onofri

Conte Giancarlo Conestabile della Staffa (1879-1954).

Quando nel 1921  il conte Giancarlo Conestabile Della Staffa di Perugia, per conto del Comitato Antitubercolare di Perugia, di cui era il Presidente, decise di costruire a Porto Potenza Picena, nella parte nord, a soli ottocento metri dal centro abitato, un fabbricato che doveva ospitare il sanatorio per bambini gracili, deboli e scrofolosi, malati di forme non trasmissibili di tubercolosi, la popolazione di Porto Potenza Picena, compatta, manifestò la propria contrarietà. Inizialmente si era detto che la struttura avrebbe ospitato i feriti ed i mutilati di guerra.

Il conte Giancarlo Conestabile Della Staffa di Perugia nacque a Firenze il giorno 14/12/1879, da Francesco e da Aleksandra Ludowa e morì il giorno 02/03/1954 a Montemelino di Magione (Perugia); non era sposato ed aveva un fratello e tre sorelle: Alessio, Angelica, Maria e Raffaella.

Norberto Mancini su Visioni Potentine, del 1958, così descrive il conte Giancarlo Conestabile Della Staffa.

A Perugia il conte Giancarlo Conestabile era popolare. Non sposato, alto, snello, con folta capigliatura bionda, grandi occhi davvero color cielo nei quali sembrava riflessa l’anima sua candida, incedeva con passo claudicante per la gloriosa, grave ferita riportata sul Podgora durante la prima guerra mondiale. Coltissimo, non faceva pesare questa sua rara qualità. Alla mano con tutti, ricchi e poveri; dedito agli altri e non curante di sé: era, insomma, una di quelle figure che non si sostituiscono facilmente. Ecco perché ha potuto essere strumento della Divina Provvidenza, a cui si intesta l’opera sua di Porto Potenza Picena.

Un comitato locale raccolse tra la popolazione di Porto Potenza Picena ben quattrocentoquarantacinque firme, per chiedere al nostro sindaco, Guglielmo Gasparrini, di non autorizzare l’apertura della struttura sanitaria al Porto, in quanto secondo loro doveva “ospitare i figli di ammalati predisposti per ereditarietà di germi alla tubercolosi ed alla tisi”. La petizione venne consegnata al nostro sindaco in data 15/03/1921, tra i firmatari troviamo anche il parroco della parrocchia di Sant’Anna di Porto Potenza Picena, don Silvio Spinaci.

Cartolina anni 50 veduta esterna Istituto Elioterapico Santo Stefano. Tratta dal libro “Il fascino della Storia, ed il respiro del Mare” – Potenza Picena – curato da Renza Baiocco.

Il Consiglio Comunale, in data 29/06/1921, convocato per discutere sul ricorso dei quattrocentoquarantacinque cittadini di Porto Potenza Picena, si pronunciò all’unanimità contro l’apertura del sanatorio della colonia marina perugina al Porto.

Intervenne a favore del sanatorio l’onorevole Giovanni Lucangeli di Porto Recanati, il quale, dopo aver visitato il sanatorio su invito del conte Giancarlo Conestabile Della Staffa, nella sua lettera al nostro sindaco datata 20/07/1921 affermò che la contrarietà manifestata alla sua apertura da parte sia della popolazione di Porto Potenza Picena che del Consiglio Comunale della nostra città fosse dovuta alla scarsa conoscenza del tipo di malattia dei ricoverati presso la colonia perugina. 

Egli afferma che questi

individui che per difetto di costituzione o per deperimento organico hanno predisposizione a contrarre il terribile male della tubercolosi, ma per questo appunto sono sottoposti per l’ammissione ad un rigoroso esame che escluda quelli attaccati anche lievemente dal male, la cui presenza pericolosa per i sani, sarebbe pericolosissima per i predisposti.

Cartolina anni 50 veduta esterna Istituto Elioterapico Pazienti dell’Istituto Santo Stefano durante l’elioterapia. Foto anni 60. Tratta dal libro “Il fascino della Storia, ed il respiro del Mare” – Potenza Picena – curato da Renza Baiocco.

Le autorità sanitarie locali e provinciali diedero la loro autorizzazione, come anche le prefetture di Macerata e di Perugia, in quanto ritennero

totalmente ingiustificato, o per lo meno assai esagerato, il timore della popolazione del Porto Potenza, dato che lo stabile di cui è questione debba essere adibito a colonia marina per i bambini gracili, deboli e scrofolosi, in una parola per i malati di forme non trasmissibili di tubercolosi.

La struttura della colonia marina perugina fu costruita, nonostante tutto,  dal conte Giancarlo Conestabile Della Staffa nel 1920 ed incominciò a funzionare dal 1921, con l’arrivo dei primi malati.

Documenti allegati:

Petizione sottoscritta da 445 cittadini di Porto Potenza Picena in data 15/3/1921. ASCPP

Lettera dell’On. Giovanni Lucangeli di Porto Recanati del 20 luglio 1921 al Sindaco di Potenza Picena. ASCPP

Lettera del Conte Giancarlo Conestabile della Staffa al Sindaco di Potenza Picena del 17 giugno 1921 per chiedere l’abitabilità della Colonia Marina Perugina.

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