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Archive for marzo 2016

a cura di Simona Ciasca e Paolo Onofri

Ritratto della Fondatrice Giovanna Faustina Mengo. Foto Sergio Ceccotti.

Ritratto della Fondatrice Giovanna Faustina Mengo. Foto Sergio Ceccotti.

Il giorno 5 aprile del 1816, venerdì di Passione, presso i locali del Palazzo Mazzagalli (oggi Pierandrei) in Piazza Grande (oggi Giacomo Matteotti), un gruppo di cinque giovani del posto fondava un nuovo ordine religioso, che raccoglieva nubili povere. Tra di loro troviamo la fondatrice, Giovanna Faustina Mengo, detta Cecicotti, Maria Zucchini, Maddalena Paoletti, Maria Domenica Melatini e Annunziata Mengo, sorella minore di Faustina.
Queste cinque giovani santesi venivano seguite dal Canonico Don Luigi Pasquali, parroco di S. Stefano, che deve essere considerato a tutti gli effetti come cofondatore dell’ordine di Monte Santo, e dai Frati Cappuccini locali. La necessità di fondare un nuovo ordine religioso che potesse ospitare giovani povere, ma che sentivano forte la loro vocazione religiosa, nasceva dalla constatazione che negli altri due ordini religiosi femminili presenti in quel periodo a Monte Santo, cioè le Clarisse e le Benedettine, le ragazze obbligatoriamente dovevano avere una dote e quindi l’ingresso di giovani povere era precluso in questi due monasteri.

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Cappellina interna dell’Istituto Figlie dell’Addolorata.

Pertanto Faustina Mengo che proveniva da una modesta famiglia di contadini di San Girio ha dato la possibilità, con l’istituzione di questo nuovo ordine religioso, l’Istituto “Figlie SS. Redentore e B.V. Addolorata”, riconosciuto ufficialmente solo il giorno 2/2/1924 con Decreto del Vescovo di Fermo Mons. Carlo Castelli, a tante giovani povere di poter vestire l’abito religioso. Successivamente le suore, chiamate popolarmente “monachette”, si sono trasferite prima nel Convento dei Frati Francescani Conventuali al Pincio, poi nell’abitazione del Conte Guelfo Rinaldini ed infine presso i locali dell’ex-collegio dei Gesuiti in Via Umberto I dove la casa madre si trova tuttora. L’ordine in questi duecento anni è molto cresciuto, ha svolto un importante ruolo nel contesto della realtà di Potenza Picena a livello religioso, educativo, scolastico ed anche artigianale, nella produzione di tessuti damascati con i loro famosi telai. Hanno aperto nel corso degli anni altre sedi sparse nelle Marche e non solo, andando nel 1972 anche nelle missioni in Brasile. Madre Giovanna Faustina Mengo, la fondatrice dell’ordine, nata a Monte Santo il giorno 3/2/1770 da Nicola e Maria Giovanna Pataccone, è morta il giorno 3 novembre del 1829. Il suo corpo era stato sepolto all’interno dei locali della Cappella dei Contadini nella Collegiata di S. Stefano ed è stato ritrovato il giorno 10 novembre del 1965 insieme a quelli di altre due fondatrici dell’ordine, suor Maddalena Paoletti e suor Maria Domenica Melatini.

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Chiostro dell’Isituto Figlie dell’Addolorata.

Sulla cassa di Madre Giovanna Faustina Mengo era apposta la seguente scritta: “Hic Est Faustina Barchiesi Cecicotti, Addì 3 N.bre 1829”.
Sarebbe apprezzato poter dedicare alla fondatrice dell’ordine una via o una piazza della nostra città. Inoltre nel Palazzo Pierandrei in Piazza Matteotti, dove le 5 giovani si sono riunite la prima volta il giorno 5 Aprile del 1816, si potrebbe far collocare una targa che ricordi a tutti questo importante avvenimento.

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Interno della Chiesa di San Francesco. Foto tratta dal libro “Il fascino della Storia, il respiro del mare – Potenza Picena”.

I piccioni del centro storico di Potenza Picena, l’antica Monte Santo, sono un pericolo gravissimo per le strutture pubbliche e private e per tutti i cittadini che vi risiedono.
Il giorno lunedì 7 marzo 2016 hanno addirittura violato una chiesa, quella di S. Francesco al Pincio, una delle più belle ed originali della nostra città.
I piccioni sono potuti entrare da una finestra che si è aperta con il forte vento posta sopra l’abside, sulla sinistra entrando, ed hanno incominciato a scorrazzare indisturbati all’interno del luogo di culto.
I loro escrementi acidi si sono depositati sull’antico coro ligneo ad intaglio del Settecento, opera dell’ebanista Moschetti, sull’altare maggiore, sulla pavimentazione, sui banchi e sui confessionali della chiesa.
La Signora Pina Pescetti e suo marito Alfredo Riccobelli, custodi della Chiesa, si sono accorti subito della presenza dei piccioni ed hanno provveduto ad avvisare il parroco, don Andrea Bezzini, che ha la gestione della struttura, la Soprintendenza ai Monumenti di Ancona e la Prefettura, visto che la Chiesa è proprietà del Ministero degli Interni, Fondo Edifici di Culto, ed anche l’Ingegnere comunale Giuseppe Percossi e gli Amministratori locali sono stati informati dell’accaduto.
Il Tempio di S. Francesco nel 1937, grazie all’interessamento di padre Nazzareno Pistelli, Regio Ispettore Onorario della Soprintendenza ai Monumenti delle Marche, è stato dichiarato da Benito Mussolini Monumento Nazionale e finanziato il suo restauro, i cui lavori sono stati eseguiti dall’impresa locale di Pasquale Clementoni e figli.
La chiesa è dedicata a San Nicolò e faceva parte del Convento dei Frati Francescani Conventuali e l’attuale struttura risale agli anni 1766-1778 (inizio e fine dei lavori). Al suo interno si trovano opere d’arte risalenti al Settecento tra cui negli altari laterali “Il Miracolo di S. Giuseppe da Copertino”, “La Natività” ed il “Transito di Sant’Andrea da Avellino”.

Piccioni all'interno della Chiesa di S. Francesco. Foto Sergio Ceccotti.

Piccioni all’interno della Chiesa di S. Francesco. Foto Sergio Ceccotti.

Sull’altare maggiore si trova la tela raffigurante “La Vergine Immacolata tra i Santi Nicolò, Francesco d’Assisi ed un altro santo Francescano”, forse San Giuseppe da Copertino. Ai lati di questo quadro si trovano due arazzi dello stesso periodo. Sulla scalinata che porta alla cantoria si trovano ancora degli affreschi che vengono fatti risalire al Sec. XIV di scuola marchigiana, che secondo alcuni studiosi raffigurerebbero una “Visitazione”.
Belle all’interno della chiesa anche le quattro statue che raffigurano le virtù cardinali. Un vero scrigno artistico e storico.
I piccioni nel nostro centro storico sono diventati da anni un gravissimo problema per la nostra comunità ed è necessario che il Comune intervenga riducendo drasticamente il loro numero. Bisogna anche che tutti i luoghi, pubblici e privati, che consentono a questi animali di rifugiarsi e nidificare, vengano chiusi.
Il nostro comune per primo dovrebbe dare l’esempio, procedendo alla chiusura di tutte le sue strutture dove questi animali trovano ospitalità e rifugio, ad esempio lo spazio dietro alla centrale termica dell’Auditoriom “Ferdinando Scarfiotti” in Vico Balilla, dove si raccolgono centinaia di piccioni ogni giorno.

Affresco del Sec. XIV - Chiesa S. Francesco - Foto B. Grandinetti - ASCPP

Affresco del Sec. XIV – Chiesa S. Francesco – Foto B. Grandinetti – ASCPP

Comunque ritornando alla Chiesa di S. Francesco due giorni dopo, mercoledì 9/3/2016 al mattino, con un mezzo messo a disposizione dalla ditta dei F.lli Bartoli di Potenza Picena, gli operai hanno provveduto a chiudere la finestra che si era aperta all’interno della Chiesa e la maggior parte dei piccioni è potuta uscire. Nella stessa giornata volontari della Parrocchia dei S. Stefano e Giacomo hanno provveduto a ripulire la nostra bellissima chiesa di S. Francesco, compreso anche il coro ligneo del Settecento. Grazie ai volontari Nunzio Cartuccia e la Sig.ra Ornella Quattrini, da parte della nostra comunità.

 

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Tenente Francesco Brunacci

Il tenente Francesco Brunacci di Potenza Picena ha combattuto volontario nella guerra Italo-turca del 1911-1912 ed è morto ad El-Fatia, nel Fezzan in Libia, il giorno 2/9/1914.
Noi abbiamo voluto ricordare il sacrificio di questo nostro giovane concittadino, pubblicando il giorno 25 novembre 2014 un articolo nel centenario della sua morte.
Nel 2012 il Signor Maurizio Brunacci di Mentana, Roma, aveva donato al nostro comune diversi documenti, oggetti e foto appartenuti alla famiglia dei Brunacci. Tra questi c’erano anche alcuni oggetti lasciati dal tenente Francesco Brunacci, tra cui un pugnale libico, un portafoglio originale di quella terra ed un album contenente oltre 100 foto scattate nella guerra italo-turca.
Sono documenti fotografici straordinari, successivamente scansionati con molta professionalità da Enzo Romagnoli e messi a nostra disposizione dall’Economo Comunale, Dott.ssa Simona Ciasca, su autorizzazione di Maurizio Brunacci.
Testimoniano in maniera molto esaustiva l’avventura italiana in Libia, mai viste prima, di sicuro interesse storico a livello nazionale. Alcune di queste foto sono veramente drammatiche e documentano l’atrocità di tutte le guerre, anche quella italo-turca in Libia.
Maurizio Brunacci aveva intenzione, nel contesto del centenario della morte di Francesco Brunacci, di pubblicare con queste foto e con i documenti un libro, ma purtroppo questo ambizioso progetto nel 2014 è svanito e noi abbiamo offerto volentieri il nostro blog per ricordare questo avvenimento.
Pubblicando questi straordinari documenti fotografici, noi non vogliamo esaltare la guerra italo-turca del 1911-1912 e l’avventura coloniale italiana in Libia.
Vogliamo solo farli conoscere a tutti. Meriterebbero sicuramente una mostra fotografica a livello nazionale, che il locale fotoclub potrebbe organizzare in collaborazione con il Comune di Potenza Picena.

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Lapide che ricorda i caduti di Potenza Picena in Libia ed Eritrea inaugurata nel 1913. Foto di Sergio Ceccotti.

Durante la guerra italo-turca sono inoltre morti in Libia altri nostri concittadini, che sono ricordati nella lapide inaugurata il giorno 23/11/1913 e collocata sulla facciata del Palazzo Municipale. Nazzareno Belluccini, bersagliere, morto il 26/10/1911, Giampaoli Giuseppe morto il 18/1/1912 e Salvatori Calister morto il 16/5/1913. Nella lapide c’è un altro nome, Luigi Carlini, morto il giorno 1/3/1896 ad Adua (Eritrea) nella guerra Italo-Abissina del 1895-96. Il testo dell’epigrafe marmorea è stato scritto dall’Avv. Alberto Fioretti di Ancona, la lapide è opera del marmista Egidio Gabrielli di Macerata. Sono intervenuti alla cerimonia di inaugurazione oltre 2.000 persone.

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Le lettere di risposta della Soprintendenza ai Monumenti di Ancona e del Sindaco di Potenza Picena.

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Fontana di Piazza Matteotti dopo la riattivazione del 24 febbraio 2016. Foto Sergio Ceccotti.

In data venerdì 4 marzo 2016, prot. n. 3823, sono state consegnate al nostro Sindaco, Dott. Francesco Acquaroli, n° 1.022 firme relative alla petizione popolare che chiede il restauro ed il ripristino funzionale della fontana di Piazza Matteotti, impianto che risale al 1895, quando fu inaugurato il primo acquedotto della nostra città.
L’iniziativa ha avuto un grandissimo successo tra la popolazione di Potenza Picena, stanca di vedere “muta” ed arrugginita in mezzo alla Piazza principale della nostra città la fontana, che è diventata in queste condizioni un simbolo del degrado. Un primo risultato positivo questa raccolta di firme l’ha già ottenuto. Infatti dal giorno mercoledì 24 febbraio 2016 la fontana è stata riattivata ed illuminata di notte.
Purtroppo per quanto riguarda la ruggine ed il calcare niente è stato fatto. Sembrerebbe una presa in giro verso i cittadini di Potenza Picena che chiedono in primo luogo il suo restauro. Se il Comune di Potenza Picena non può o non vuole finanziare questo tipo di intervento, lo dica chiaramente e subito. Provvederemo noi a trovare i finanziamenti tra i privati. La petizione con le 1.022 firme è stata consegnata al Sindaco e ci si augura che trovi il tempo per ricevere i promotori di questa bellissima iniziativa.
Grazie a tutti i nostri concittadini che con il loro impegno e sostegno hanno reso possibile questo straordinario successo.

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